N. 1 by Ezio Greggio

N. 1 by Ezio Greggio

autore:Ezio Greggio [Greggio, Ezio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2022-12-07T23:00:00+00:00


Immaginatevi la scena: Beruschi rientra nel suo camerino dopo la registrazione, si spoglia degli abiti di scena, si riveste e infila la scarpa dove la vespa, sentendosi compressa, lo punge sull’alluce.

Credo che, dopo Drive In, in quel camerino non siano più risuonate urla così disumane come quelle di Enrico Beruschi dopo gli incontri ravvicinati con cani e vespe.

Il fonico e lo scherzo del microfono rotto

Esattamente come oggi a Striscia la notizia, fra cast e tecnici a Drive In c’era un clima di grande collaborazione e complicità, c’era il piacere di lavorare insieme per realizzare qualcosa che inorgogliva tutti, dalle star all’attrezzista, dalla comparsa alla Maria che ci portava i caffè dal bar a fianco.

E anche lì, per tenere sempre su lo spirito e l’allegria, non si perdeva occasione per far scherzi. Avevo preso di mira un tecnico del suono, Planca, grande professionista molto meticoloso che proveniva da anni di lavoro in Rai, sempre attento che non ci fosse il benché minimo fruscio proveniente da un microfono durante una registrazione.

Questo suo scrupolo tecnico aveva invogliato da subito vecchie canaglie come me e D’Angelo. Altissimo, magro, il viso scavato, due grandi orecchie forse diventate ancora più grandi dopo avermi incontrato. Con lui si scherzava spesso, per cui Planca sapeva che se eravamo in scena o nei dintorni doveva stare all’erta. Per esempio, un classico mio era, nel bel mezzo di una registrazione mentre stavo recitando, smettere apposta di parlare continuando però a muovere la bocca: Planca dalla sua regia audio impazziva. Cominciava a tirare moccoli, apriva e chiudeva nervosamente i rubinetti dell’audio. Finché decidevo poi di riparlare e tutto tornava normale, o quasi. Ripetevo lo scherzo poco dopo.

Ora, Planca sapeva che c’era la possibilità che io simulassi il guasto, ma lo avevo fatto così tante volte che quella poteva essere vera; e poi la mia faccia seria e la voce di Recchia dalla regia che lo implorava di far andare quei maledetti microfoni contribuivano ad aumentargli i dubbi.

Beppe Recchia, su di lui vale la pena di spendere due parole. Non c’è nulla di più stimolante per fare degli scherzi in uno studio televisivo che avere dalla tua una persona autorevole come il regista che con una faccia come il culo collabora, anzi stimola, avalla, alimenta gli scherzi. Recchia in questo aveva la faccia come il culo di un elefante. Quel suo redarguire il povero Planca al momento giusto rendeva tutto credibile, non poteva essere il solito scherzo, doveva per forza esserci qualcosa che non andava.

Planca poi, dalla sua regia audio, non vedeva gli attori in studio direttamente ma solo attraverso i monitor e quindi le immagini televisive. Recchia scendeva in studio, e con la sua «erre» moscia che a confronto Fausto Bertinotti è un doppiatore di cinema, mi avvertiva: «Guavda che Planca è in cuffia in vegia audio», aveva cioè un bel paio di cuffie audio calzate in testa. Mi era sufficiente far scendere il microfono della giraffa, cioè quella alta e lunga asta che lo reggeva, non visto dalle telecamere e quindi da Planca, per poi cacciargli dentro uno strillo da Tarzan mascherato da starnuto.



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